Nota al testo
1. I testimoni
1.1. Descrizione del ms. B - Bologna, Biblioteca Universitaria, 226 (già 272)
Si fornisce qui di seguito la descrizione del ms. B, unico a trasmettere, come si è detto, il FM.
Membr., sec. XV terzo quarto, di cc. III + 71 + III’ (cart. le guardie cc. I e I’, membr. le altre); fascicoli 14, 26, 38, 42, 56, 6-78, 8-910, 104, 112, 124-1 (la c. 4 risulta tagliata); richiami orizzontali decorati posti al centro del marg. inferiore a cc. 18v, 20v, 34v, 42v, 66v, 68v; segnatura dei fascicoli a registro tracciata a penna nel marg. inferiore esterno del recto, talvolta rifilata, a partire dal sesto (contrassegnato con a); solo per il decimo fascicolo, seconda numerazione in cifre arabe apposta in rosso sul marg. inferiore esterno del recto (1-2); inizio fascicoli lato carne; fascicoli legati; misura mm 170 × 120 = ca. 18 [108] 44 × 15 [71] 34, rr. 21 / ll. 20 (c. 11r); rigatura a penna; cartulazione moderna in cifre arabe, eseguita a matita sul marg. inferiore esterno del recto per cc. 1-71; prive di numerazione le guardie; timbro di possesso della «R. Biblioteca dell’Università di Bologna - Manoscritti, N. 226» impresso a c. 1r; precedenti indicazioni di inventario sulle controguardie anteriore e posteriore, e alle cc. II e 1r: «272»; ancora a c. 1r ex libris del collezionista bolognese Giovanni Giacomo Amadei (1700 ca. - 1768), canonico di Santa Maria Maggiore. Il codice fu venduto dall’Amadei, insieme all’intera sua biblioteca, al bibliotecario dell’Istituto delle Scienze, Lodovico Montefani Caprara, nel 1756. Legatura recenziore (XVIII sec.) in pergamena e carta, assi in cartone; sul dorso, cartellino di colore scuro recante la scritta «Lettere volgari varie».
Nella carta incipitaria (c. 2r), un fregio a fiori e nastri in oro, azzurro, rosa, rosso, e verde, e varie foglioline verdi con filigrane in penna e polline in oro, incornicia l’intero specchio di scrittura; lettera incipitaria maggiore di colore beige composta dal corpo di un atleta (“E”), decorata con testa di guerriero su campo interno blu e esterno in lamina verde (formato da quattro puttini alati), profilata in rosa, oro e nero; nel bas de page, al centro di due grandi motivi fitomorfi in oro, un cartone di colore rosa ospita uno scudo sul quale è dipinto lo stemma della famiglia Manfredi. L’impianto decorativo del codice è stato attribuito a Bartolomeo di Benincà.
I modelli sono introdotti da rubriche in rosso che ne anticipano sinteticamente il contenuto; il testo è a piena pagina, vergato con inchiostro bruno da una sola mano che scrive anche le rubriche, e risulta introdotto da iniziali maggiori in oro su fondo di diversi colori (rosso, blu, verde). La scrittura è una umanistica libraria attribuibile allo stesso Bartolomeo di Benincà[1].
Il codice è adespoto e privo di sottoscrizione, ma l’epistola introduttiva è firmata da «Bartolomio da Ferrara»; trasmette al suo interno una lettera datata Ex Bononia, Die ultimo Octobris 1461 (n. LXX): come si è visto, dal momento che il Manfredi morì nel 1468, tali estremi cronologici sono stati assunti quali termini entro i quali dovette essere stata completata l’opera. Poiché, però, in B, nessuna delle numerose lettere relative a un viaggio che il miniatore avrebbe compiuto verso Venezia a partire dal marzo del 1464 contenute nel formulario trasmesso dal ms. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reginense Latino 1398 (d’ora in avanti R), risulta registrata, si propone di arretrare il termine ante quem ai primi mesi del 1464[2].
Altre quattro lettere, prive di specificazione cronologica, risultano datate da Bologna: nn. LXVIII, LXIX, LXXI, LXXIII[3].
1.2. Altre raccolte contenenti modelli del FM
Molti dei modelli conservati nel FM si ritrovano anche in altre raccolte realizzate da Bartolomeo Miniatore, i cui testimoni, manoscritti e a stampa, si descrivono qui di seguito.
1.2.1. Il Formulario di esordi ed epistole missive e responsive per Giacomo Bolognini
Il mod. LXVII del FM è anche nel Formulario di esordi ed epistole missive e responsive per Giacomo Bolognini (d’ora in avanti FB), raccolta trasmessa, oltre che dal già incontrato ms. H, ancora da tre testimoni, anche se in due di questi la silloge si conserva soltanto in maniera parziale: Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Ashburnham 385, già 317 (= A); Londra, British Library, Harley 5271, cc. 78v-98v (parziale; = F); Princeton, Princeton University Library, 189, cc. 149r-159v (parziale). In quest’ultimo testimone del FB il mod. LXVII non risulta trasmesso.
1.2.1.1. Descrizione del ms. H - Londra, British Library, Harley 4168
Membr., sec. XV seconda metà, di cc. VI +79+VI’ (guardie cartacee recenziori); bianche le cc. 78-79; fascicoli 112, 2-310, 48, 510, 62, 7-810, 98-1 (manca una carta in fine), privi di richiami; le carte dei fascicoli sono numerate con cifre arabe (alcune appena visibili a causa della rifilatura delle pagine), apposte sul marg. superiore esterno del recto delle cc. 23 (1), 24 (2), 25 (3), 26 (4), 27 (5), 42 (2), 43 (3), 44 (4), 64 (2), 65 (3), 66 (4), 67 (5); al centro sul marg. esterno del recto delle cc. 34 (2), 35 (3), 36 (4); sul marg. inferiore esterno sempre del recto delle cc. 53 (1), 54 (2), 55 (3), 56 (4), 57(5); inizio dei fasc. lato carne; fascicoli legati; misura mm 170 × 113 = 20 ca. [105] 45 × 15 [68] 30, rr. 23 / ll. 22 (10r); rigatura a penna appena visibile; cartulazione moderna in cifre arabe eseguita a lapis sul marg. superiore esterno del recto per cc. 1-77, prive di numerazione le guardie; sulla controguardia anteriore e a c. Ir indicazioni di inventario (risp. «60. a / lx. a» e «12. 5. a. 29 / 4168. 36/v b»); a c. 78r porzione di testo di difficile decifrazione, della quale si distingue chiaramente solo la scrizione «Oct. 1888»[4]; a c. 1r figura il timbro di possesso dell’ex «Museum Britannicum» (impresso anche alle cc. 2v, 31r e 76v); sempre a c. 1r, prove di penna e nota di possesso vergata a penna da mano cinquecentesca che scrive «Alphonsi Pratesi», e, poco più sotto, nuovamente «Alphonsi a Prato (servorum servi)»; ancora sulla medesima c., in prossimità del marg. superiore esterno, figura la data di entrata del codice nella collezione dei conti Harley, registrata a penna da Humfrey Wanley, curatore della biblioteca della famiglia inglese dal 1705 al 1726: «18 die Januarii. A. D. 1723/24.»[5].
La scrittura è una umanistica libraria che esegue anche le rubriche, segnate in inchiostro rosso, ed è stata impropriamente attribuita dai catalogatori del British Library Digital Catalogue of Illuminated Manuscripts al copista e notaio bolognese Gentile Poeti[6].
Il codice è adespoto e anepigrafo, privo di sottoscrizione e di elementi diretti di datazione; alcuni modelli risultano spediti da Bologna (nn. 23, 24, 116), uno da Firenze (n. 107).
Tramette 237 tra exempla exordiorum, epistole complete (per lo più di argomento amoroso), parlamenti e frasi incipitarie, spesso accompagnati da note che ne precisano il contenuto o ne chiariscono modalità d’uso e finalità[7].
1.2.1.2. Descrizione del ms. A - Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Ashburnham 385
Cart., in-4°, sec. XV seconda metà, di cc. I +70+ I’ (guardie membr. antiche); bianche le cc. 68-70; fascicoli 1-710, con richiamo parallelo al marg. inferiore apposto sul verso dell’ultima c. di ciascun fascicolo; fascicoli legati; misura mm 204 × 143 = ca. 24 [134] 46 × 34 [86] 23, rr. 2 / ll. 24 (c. 34r; il numero di ll. è però variabile); rigatura a secco appena visibile realizzata solo per le linee di giustificazione e le rettrici; mutila dell’angolo superiore esterno la c. 1, con grave perdita di testo; cartulazione moderna in cifre arabe eseguita a matita sul marg. superiore esterno del recto per cc. 2-70; rare tracce di una numerazione precedente apposta a penna; «III» trascritto in romani a matita sul marg. inferiore esterno della c. Ir, priva di numerazione la c. I’.
Il codice, già di proprietà del bibliofilo veronese Paolino Gianfilippi (1745 - 1827), fu acquistato da Lord Ashburnham a un’asta parigina nel 1848[8]; da lì tornò poi in Italia nel 1884, quando lo stato italiano ne acquisì il fondo.
La scrittura è una umanistica corsiva molto diversa dalle due principali che si riscontrano sulle altre raccolte riconducibili a Miniatore.
Il codice è adespoto e anepigrafo, privo di datazioni croniche e topiche e di sottoscrizione.
Trasmette il FB così come ci è testimoniato dal ms. H, con minime differenze strutturali: risulta infatti privo della nota introduttiva, delle note in calce e marginali, e dei modd. nn. 132 e 237. Aggiunge però in calce tre epistole assenti in H (nn. 238-240)[9].
1.2.1.3. Descrizione del ms. F - Londra, British Library, Harley 5271
Cart. e membr. (membr. il primo fascicolo di 4 cc.), sec. XV terzo-ultimo quarto (1472-1475 ca.), di cc. II +148 +III’ (recenziori le guardie I-II e II’-I’); bianche la cc. 146-148; il codice è autografo di Felice Feliciano (1433-1480 ca.); fascicoli 14 (inizio lato pelo), 2-1510, 164., con richiamo parallelo alla linea di piegatura apposto sul verso delle cc. 14, 24, 34, 54, 64, 74, 84, 94, 104, 114, e parallelo al marg. inferiore sul verso delle cc. 124, 134, 144; fascicoli legati; misura mm 233 × 163 = ca. 26 [130] 79 × 16 [100] 45, rr. 17/ ll. 17 (c. 79r, ma numero di ll. variabile); rigatura a secco per il primo fascicolo, a colore, appena accennata, per i restanti; cartulazione moderna in cifre arabe eseguita a penna sul marg. superiore esterno del recto per cc. 1-8, poi a matita fino a c. 148 (con un salto, però, tra le cc. 145 e 147, per cui le cc. 147 e 148 sono numerate 146 e 147); tracce di numerazione a penna apposta dal Feliciano sul margine superiore esterno del recto a partire da c. 5r fino a c. 16r; prive di numerazione, invece, le guardie.
La scrittura è una umanistica tipica dell’usus epistolare felicianesco, con sporadico ricorso alla capitale antiquaria.
Trasmette epistole dell’umanista veronese e modelli di lettere, ed è dedicato al notaio bolognese Alberto Canonici. Tuttavia, alle cc. 78v-98v Feliciano ricopia i modd. II-XIV e XVII-XXXIV del FB, tra i quali figura anche il LXVII del FM[10].
1.2.2. Descrizione del ms. R - Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reginense latino 1398
Membr., sec. XV terzo quarto, di cc. III + 96 + II’ (guardie cart.); bianche le cc. 95-96; fascicoli 1-26, 34, 4-78, 8-1110, 128; richiami decorati disposti in senso orizzontale al centro del marg. inferiore a cc. 12v, 32v e 68v; inizio fascicoli lato carne; fascicoli legati; misura mm 178 × 134 = ca. 26 [115] 37 × 17 [73] 44, rr. 21 / 20 (c 10r); rigatura a colore; cartulazione antica in cifre arabe eseguita a penna sul marg. superiore esterno del recto per cc. 1-94; non numerate le guardie; timbro di possesso della Biblioteca Apostolica Vaticana a cc. 1r, 2r, 94v; sulla controguardia anteriore, cartellino della Vaticana con segnatura «1398», segnata anche a penna, e «1889» depennato; a c. Ir, sul marg. superiore, a matita, è scritto «Anno 1464 a f. 21v. e 41v.»; a c. 1r, in basso, si legge: «Alexander Pauli filius Petavius, senator Parisiensis. Anno 1647». Si tratta dell’ex libris di Alexandre Pétau, il quale, nel 1650, vendette alla regina Cristina di Svezia la ricca collezione di manoscritti messa insieme dal padre Paul; dalla regina Cristina, poi, la collezione passò direttamente alla Biblioteca Apostolica Vaticana. Legatura recenziore in pergamena, assi in cartone; sul dorso, a penna la scritta «secretario itagliano 1398»; ancora si riscontra un cartellino della vaticana con segnatura «1398» e, in ultimo, le antiche segnatura «1888» e «1516», entrambe barrate.
Il codice risulta vergato con inchiostro bruno, da un’unica mano, che scrive anche le rubriche, in inchiostro rosso, e le note marginali. La scrittura è una umanistica libraria, ed è certamente la stessa che trascrive anche il FM e il ms. Stresa, Archivio del Centro internazionale di studi rosminiani, 2 (ex Santa Giustina), sul quale si tornerà più diffusamente a breve.
Il codice trasmette 153 tra parlamenti, testi di ambascerie, istruzioni per i podestà, modelli di esordio, epistole complete di vario tipo (petizioni al signore di Ferrara, esortatorie, gratulatorie, consolatorie, lettere d’amore), introdotte da una Regula dichiarativa e summaria (c. 1r-v), e da una lettera dedicatoria indirizzata a un «magnifico cavalieri» che siede «in consiglio et nel senato» (del quale non viene però fatto il nome) ad «instantia et requisitione» del quale risulta realizzata l’opera (cc. 2r-3r).
Il codice è adespoto, anepigrafo e privo di sottoscrizione; conserva undici lettere datate: Ex Bononia, die XXVIII Augusti 1464 (n. 49); Ex Bononia die XXVIIII Julii 1464 (n. 86); Ex Bononia die XXVI Julii 1464 (n. 91); Ex Venetia, die XXII Marcii 1464, (n. 130); Ex Bononia, die XXV Marcii 1464 (n. 131); Ex Bononia die XXVIIII Julii 1464 (n. 134); Ex Bononia, die XXVIIII Augusti 1464 (n. 135); Ex Bononia, die XXIII Julii 1464 (n. 136); Ex Bononia die XXV Novembris 1464 (n. 138); Ex Bononia, die XXVIIII Decembris 1464 (n. 139); Ex Bononia die XXVIIII Novembris 1464; (n. 149); e 10 con la sola datazione topica, otto di queste da Bologna: nn. 46, 47, 67, 82, 84, 87, 92, 96, 150; e due da Venezia: nn. 93 e 95. Il 29 dicembre 1464, la più tarda tra le date registrate, potrà essere assunto quale termine post quem per la realizzazione della raccolta. Non riscontrandosi al suo interno nessuna delle epistole ferraresi scritte a partire dal rientro in patria di Bartolomeo, avvenuto nel febbraio del 1465, questa data pare potersi ragionevolmente assumere quale termine ante quem.
Tra le raccolte di modelli epistolari riconducibili a Bartolomeo Miniatore, il formulario trasmesso da R è senza dubbio quello più vicino al FM, sia, come si è visto, per la datazione, sia per l’elevato numero di modelli che condividono, vale a dire i seguenti 18: VIII (114), IX (110), X (111), XI (109), XX (79), XXII (112), XL (127), XLI (128), XLII e L (129), LIX (100), LX (101), LXI (102), LXII (105), LXIII (104), LXIV (103), LXXII (149), LXXXIII (23), LXXXIV (151)[11].
1.2.3. Descrizione del ms. S - Stresa, Archivio del Centro internazionale di studi rosminiani, 2 (ex Santa Giustina)
Cart. (membr. però la prima carta), sec. XV seconda metà, di cc. I+112+I’ (guardie cartacee recenziori); fascicoli 1-28, 3-1010, 1110-5? (manca la c. 4 e almeno altre quattro in fine); richiami paralleli al marg. inferiore apposti sul verso delle cc. 9, 27, 37, 47, 57, 67, 107; fascicoli legati; misura mm 205 × 154 = 18 [116] 71 × 17 [85] 52, rr 26 / ll. 25 (c. 104r, numero di ll. variabile); rigatura a mina di piombo; numerazione antica sul marg. superiore destro del recto per cc. 1-10 (XVIII sec.), proseguita a matita modernam. per cc. 11-112, in sostituzione di altra antica per cc- 1-112 (sec. XVI, che comincia però da c. 2) dalla quale si evince la perdita della c. 109 secondo la numerazione antica; su un frammento di foglio incollato sulla controguardia anteriore si legge: «Ludivigo D’Alisando sia tenuto questo libro […] mise oto comenzade del 1481 a dì 8 de m[azo] comando el meso del 1482 a dì 10 de zena[ro], F‹erra›ra» (tale Ludovico doveva avere forse preso in prestito il volume da un Nicolò di cui resta la firma poco più in alto); legatura recente in cartone.
Il codice risulta vergato da un’unica mano con inchiostro bruno. La scrittura è una umanistica libraria, ed è certamente la stessa che trascrive anche il FM e formulario trasmesso dal ms. R.
Miscellaneo, contiene scritti d’argomento devoto in prosa principalmente in volgare, molte rime volgari, tutte adespote (tranne un sonetto attribuito a Dante) e sedici tra parlamenti, modelli di lettere e lettere complete, tutte sprovviste di rubrica. Tra queste, una diretta a Borso e firmata Bartholomeus risulta sottoscritta Ex Ferraria, die XVI Martii 1465 (n. 8).
Trasmette tre modelli del FM: IX (2), XI (9), XXII (6)[12].
1.2.4. Le stampe: For - Bartolomeo Miniatore, Formulario di epistole missive e responsive, Bologna, Ugo Rugerius, 20 Apr. 1485
In 4°, got.; testo a piena pagina su 37 linee; cc. [44]; fasc.: a-e8 f4; la c. a2 segnata erroneamente a; la c. c2 è priva di segnatura; la c. c4 è segnata erroneamente biiii; le cc. b3v e b4r risultano invertite (non, però, la loro numerazione), con conseguente alterazione della regolare sequenza dei testi; illustrazione xilografica a c. a1v; da c. a2 a c. e8 trasmette 170 esordi epistolari introdotti da una lettera proemiale indirizzata a Ercole I d’Este; le cc. e8-f4 contengono invece una nutrita raccolta di superscriptiones e subscriptiones organizzata in senso gerarchico; spazio per le iniziali maiuscole su 3 linee non completato.
Nessuno degli esordi raccolti nell’operetta risulta datato. Tuttavia, nel mod. 59 si fa menzione al vivente papa Pio II, in carica dal 1458 al 1464[13]. In un altro ancora si cita il suocero di Bartolomeo, Piero Zoanne, il quale certamente morì prima del 15 settembre 1464 (n. 4). Si può dunque supporre che la composizione del nucleo principale della raccolta manoscritta finita in tipografia dovette avvenire in quel giro d’anni.
Condivide col FM i seguenti sei modelli: XXXVIII (79 e 107), XL (169), XLI (170), XLII e L (171), XLIII (81), LXI (39)[14].
1.2.5. Le stampe: Bio - Delle littere missive alli suoi principi. Raro esemplare antico novamente da Michel Angelo Biondo illustrato, in Vinegia, alla insegna di Apolline - per Nicolò de Bascarini, 1552
In 8°, rom.; testo a piena pagina su 30 linee; cc. 58; numerazione in cifre arabe impressa sul marg. superiore esterno del recto per cc. 2-58; fasc.: A-N4 O6 (non riportate però le indicazioni fascicolari a1 e b1); errori di stampa alle cc. a4v-b1v che trasmettono, senza interruzioni nella regolare sequenza della numerazione delle pagine, due lettere acefale (n. 3, c. a4v e n. 5, b1v, ristampate integralmente rispettivamente a cc. b2v-b3v e b4r-c1r) e una mutila (n. 4, b1r); sul frontespizio (c. 1r), marca editoriale raffigurante «Apollo in piedi con l’arco in mano e un grifone accovacciato alla sua sinistra. In cornice con dodici teste femminili» (U631), al di sotto della quale è impressa la scritta «Con privilegio Decennale alla || insegna di Apolline.»[15]; iniziali maiuscole xilografate, su 7 righe la prima (c. a2r), su 5 tutte le altre; da c. a2r a c. o6r trasmette 130 tra modelli di esordio e lettere (cinque testi, però, risultano stampati due volte, e uno, il n. 12, addirittura tre), introdotti da una dedicatoria indirizzata da Biondo a Pietro Barbarigo (c. a2r-a2v).
c. a1r: «DELLE LITTERE || MISSIVE ALLI SVOI || Principi raro esemplare antico, nova= || mente da Michel Angelo Bion= || do illustrato.»; c. a1r: «insegna di Apolline.»; c. a2r: «DELLE LITTERE MISSIVE ALLI || Suoi Principi raro, esemplare antico, novamente || da Michel Angelo Biondo illustrato.». c. a2r: «Michel Angelo Biondo al S. Pietro Barbarigo.»; c. a2v: «colmo della invidia.»; c. a2v: «Missiva a un Signore.»; c. o6r: «FINIS.»; c. o6v: «IL REGISTRO.»; c. o6v: «MDLII.».
Esemplare esaminato
Perugia, Biblioteca dell’Abbazia di San Pietro, A.26.P.222; legatura in cartone; sul dorso, in alto, compare a penna la scritta «Miscella»; più in basso, incollato, il cartellino della «Bibliotheca Sancti Petri Perusie», con segnatura «A.26 P. 222»; timbro della Biblioteca dell’Abbazia di San Pietro sul recto del foglio di guardia anteriore; prove di penna sul verso controguardia anteriore.
Nei cataloghi il testo risulta attribuito senza troppi indugi al Biondo, benché il titolo espliciti l’antichità dell’esemplare finito in tipografia. Sul quale mancano però dettagli che consentano di risalire alla natura dell’oggetto usato come modello – un codice manoscritto, cioè, o forse un’altra stampa, una delle tante di cui per sempre si è persa traccia? Quale che fosse la tipologia materiale di quell’esemplare, ad ogni modo, la raccolta originaria doveva essere certamente frutto dell’opera di Bartolomeo Miniatore. Ce lo dice non soltanto il fatto che molti dei centotrenta testi riprodotti nella cinquecentina figurino anche in altre raccolte certamente attribuibili al ferrarese. Il volumetto stampato dal Biondo, infatti, contiene anche tre lettere da lui stesso sottoscritte (n. 20, Bartholomeus Miniator; n. 54, Bortolomio Miniatore; n. 91, Bortholomeus Miniator); in due altre ancora se ne cita l’antroponimo soltanto (nn. 4 e 104); altre risultano invece composte da Orsolina, moglie del miniatore ferrarese (nn. 47, 124), in una delle quali, datata Ex Ferraria die XXX Martii 1465, si sottoscrive Ursolina uxor Bartolomei etc. Quest’ultima risulta indirizzata a una nobile dama: si tratta con ogni probabilità di Bianca d’Este, sorella di Borso, ancora destinataria, questa volta esplicita, di una missiva certamente scritta ancora da Orsolina – ma non firmata –, datata Ex Ferraria, die XXVII Aprilis 1465 (n. 47). Un ulteriore membro della famigliola di Bartolomeo già incontrato in precedenza fa ancora capolino nella raccolta a stampa: vale a dire, a Borsia, figlia, come si è visto, del miniatore ferrarese (nn. 21, 108 e le già viste 47 e 115). Contribuisce all’attribuzione dell’opera a Miniatore anche la geografia descritta dagli scambi epistolari registrati nella stampa veneziana. Molte lettere, infatti, risultano spedite dai luoghi di elezione di Bartolomeo: per la precisione, 25 provengono da Bologna, 23 da Ferrara, cinque sono scritte da Venezia, quattro ancora da Firenze[16]. Numerose sono ancora quelle fornite di datazione cronica: ben 35, infatti, le epistole datate della raccolta, la più antica delle quali spedita Ex Bononia die XXIX Novemb. 1462 (n. 116), la più recente Ex Bononia die XXIX Novembris 1465 (n. 126)[17].
La raccolta trasmette due modelli del FM: LXVII (63) e LXIX (21)[18].
2. Criteri ortografici
Il carattere prescrittivo del FM ha suggerito di orientare il lavoro in direzione di un’edizione quanto più possibile rispettosa delle peculiarità grafico-linguistiche del testimone. Si adottano, pertanto, criteri fortemente conservativi, limitando gli interventi sul testo a quelli propri di una edizione di tipo diplomatico-interpretativa[19].
Di seguito, si offre un elenco degli interventi adottati nel corso del presente lavoro.
Si dividono le parole in scriptio continua secondo l’uso moderno; subiscono sistematica univerbazione gli avverbi in -mente e le preposizioni articolate[20], fatti salvo i tipi in lo, in la, in le, e tutte quelle formate con con e per, che si scrivono separate. Si univerbano, ancora, le locuzioni congiuntive secondo l’uso moderno (es. poi che > poiché; di poi> ; dapoi che > dapoiché; ben che > benché), anche nei casi in cui non si registri raddoppiamento fonosintattico (es. sì che > siché; a ciò che > acioché; perhò che > perhoché; inperhò che /imperhò che > inperhoché/imperhoché)[21]; si è però avuto cura di tenere distinta le forma poiché da quella con valore concessivo o temporale poi che, e la forma perhoché da quella con valore avversativo perhò che; come da consuetudine ormai invalsa, si scioglie la forma chel sulla base della natura grammaticale del secondo elemento, per cui si scrive ch’el se el è pronome, e che ’l se ’l è articolo; stesso discorso vale per la forma sel.
La distribuzione delle maiuscole e delle minuscole viene adeguata all’uso moderno. Nelle formule allocutive si dotano di maiuscola soltanto i sostantivi e gli aggettivi sostantivati (es. Magnifice ac potens Domine mi singularissime; vostra Signoria / Magnificentia / Excellentia etc.). Anche il sistema interpuntivo si adatta alle consuetudini moderne.
Sconosciuti o quasi sono al testimone gli accenti e, naturalmente, gli apostrofi, che vengono disposti nel testo secondo l’uso moderno. In accordo a una solida prassi filologica, si ricorre all’apostrofo anche nei casi di apocope postvocalica. Questi quelli per i quali si è reso necessario questo accorgimento: de’ «dei» (prep. articolata, ma dé «deve»); mie’ «miei»; tuo’ «tuoi»; suo’ «suoi»; vo’ «voi»; nei casi di aferesi: ’l «il»;’ntelletto «intelletto»; in occasione dei troncamenti sillabici: so’ «sono» e sta’ «stato»; e in occasione della preposizione articola d’i «dei»[22]; si ricorre inoltre all’apostrofo libero in un caso di assimilazione della preposizione a alla finale della parola precedente (cie haverà ’ compassione, III.2).
Si aggiunge, infine, l’accento sulla vocale tonica di parole tronche anche in presenza di particelle enclitiche (es. mostròmi; havròlo), e nelle seguenti forme: à «ha»; pò «può»; nei casi restanti il contesto è sufficiente a rendere perspicuo il senso delle parole[23].
Conformemente all’uso suggerito per esso da Arrigo Castellani, si ricorre al punto alto solo nel caso di caduta di consonante finale, vale a dire quando si verifica semplificazione delle geminate in fonosintassi (un solo caso nel FM: no·mai, XXXVI.3). In accordo a una prassi ormai invalsa nella tradizione filologica italiana, per la forma generatasi dall’assimilazione della consonante finale di non e la consonante iniziale del pronome clitico di 3a persona singolare apocopato l(o) (non + l(o) > nol), si preferisce la scrittura nol.
Per quanto riguarda il trattamento dei grafemi, si è tentato di riprodurre la veste originale dei testimoni ammodernando soltanto nei pochi casi che si elencano qui di seguito: si sono distinti u e v secondo l’uso moderno; j, impiegato principalmente come elemento finale in cifre romane maiuscole terminanti in unità e nei plurali finali in -ii, viene reso sempre i[24]; il grafema ʒ (zeta caudata), utilizzato indistintamente per indicare il suono affricato alveolare sordo e sonoro, è reso sempre z.
Si conservano, pertanto[25]: il grafema y, e non soltanto nei casi in cui dotato di valore connotativo, giustificato o meno (es. hystoria, ydonea, etc.); il grafema x; il grafema h negli esiti etimologici (es. huomo, perhò, thesauro) e paraetimologici (es. carthe); il grafema n nei soli quattro casi in cui compare davanti a p (inpallidito II.2, inposto vi.3, conspetto XIV.3 e inperoché XLIX.3)[26]; il grafema ç per le affricate alveolari[27]; la i diacritica ridondante dopo c palatale (un solo caso: faciendoci, III.2) e g palatale (es. porgiere, gielata), dopo sc = /ʃ/ (es. conoscientia) e dopo gn = /ɲ/ (un solo caso: ogniuno, LXXXI.4); i diagrammi ch in tutte le sedi (es. pocha, manchare, luocho); la grafia toscaneggiante lgl per /ʎ/ (un solo caso: elgli, LXXXIV.6[28]); la grafia rafforzata ngn per /ɲ/ (es. ingnorantia); i seguenti nessi latineggianti: bd (es. subdito), bs (es. absente), bt (es. obtenire), ct (es. conincto), dm (es. admiratione), dv (es. adversa), mn (es. omnipotente), mpt (es. presumptione), ns (es. instantia), pl (es. exemplo), pt (es. optima), qu (es. antiquo), ti (es. notitia), e il suo allografo anetimologico ci (es. noticia)[29]; si conservano scempiamenti e raddoppiamenti.
Quanto al sistema abbreviativo, si sciolgono, senza darne segnalazione nel testo, sigle, abbreviazioni e compendi. Lì dove di un medesimo termine si registrino esiti multipli in concorrenza, si segue, nella resa, il criterio della maggioranza delle occorrenze scritte per esteso assunte a modello uniformante.
Questi i segni tachigrafici con significato proprio riscontrati nel FM: 7 > et; ɔ > con; titulus >m, n, en (quest’ultimo sempre su m)[30]; titulus riccio > r; segno ’ in fine di parola dopo n o r > e[31]; h con taglio orizzontale sull’asta > che/ché; p con titulus > pre; p con taglio orizzontale sull’asta > par / per; p con taglio ondulato sull’asta > pro; q con titulus > que; q con taglio ondulato sull’asta > que (solo in fine di parola); q con taglio orizzontale sull’asta > qui (nella forma quilli, maggioritaria sul tipo quelli); q con taglio diagonale dell’asta e titulus > quan; b con taglio diagonale > bar / ber; s con taglio diagonale > ser; v con taglio diagonale > ver; ʒ > m (compare in fine di cum, e in un solo caso in fine di gram XXXV.2); ꝝ > rum (compare nel solo caso della parola iterum, VI.4).
Sono state risolte come segue le abbreviazioni esponenziali che andiamo a elencare: car.mo > carissimo; dig.mi > dignissimi; Ex.tia > Excellentia; ex.ma / ex.mo > excellentissima / excellentissimo; ill.ma / ill.mo > illustrissima / illustrissimo; ma.ca / mag.ca / ma.co / mag.co > magnifica / magnifico; repu.ca > republica; Sig.re > Signore; Si.ria / Sig.ria > Signoria.
Sono state risolte nel modo seguente le sigle: ill. > illustrissimo / illustrissima; m. > magnifica; S. > Signoria, Signore; v. > vostra.
Altre abbreviazioni: pria con segno ~ su ria > patria; pma con i in apice dopo p > prima; pncipem con i in apice dopo p > principem; qal con u in apice dopo q > qual; qale con u in apice dopo q > quale; qalche con u in apice dopo q > qualche; nosta / nosto, con a / o in apice dopo t > nostra / nostro; vosta / voste / vosto con a / e / o in apice dopo t > vostra / vostre / vostro; aio con titulus su i > animo; bn con titulus fra b e n> bene; coità con segno ~ su ità > comunità; fac con segno ~ su ac > facta; gra sormontato dal segno ~ > gratia; huità con segno ~ su ità > humanità; iustia con segno ~ su ia > iustitia; lra / e sormontati dal segno ~ > littera / littere; pnte con segno ~ su nte > presente; vra / vri / vro con segno ~ su r > vostra / vostri / vostro; xpo con segno ~ su p > Christo; Sertà con taglio diagonale su S e tà in esponente > Serenità.
I modelli sono contrassegnati con un numero romano. All’indicazione del numero del modello seguono, nella pagina: un breve regesto, che si scrive in corsivo per distinguerlo dal testo dello stesso; l’elenco delle testimonianze, secondo la seguente successione: carta/e del modello all’interno del FM; eventuale numero/i d’ordine e relative carte del/dei modello/i nelle altre raccolte attribuibili a Bartolomeo che lo/i trasmettono, distinto/i da una doppia barra diagonale; la rubrica, segnata sempre in corsivo per distinguerla dal testo del modello, che la segue; il solo mod. LXVII è corredato da una nota esplicativa, che si trascrive in calce allo stesso, in corsivo per distinguerla dal testo.
Ai fini di una più chiara intellegibilità sono stati inseriti degli a capo. Ogni testo è stato inoltre ulteriormente suddiviso in paragrafi coincidenti per lo più con frasi-concetto, numerati in principio con cifre arabe.
Si segnalano tra parentesi quadre le integrazioni sopperenti a guasti meccanici e tra parentesi angolari le integrazioni congetturali.
In calce a ciascun modello trova posto un apparato nel quale vengono annotate eventuali aggiunte e correzioni inter o extra scribendum, espunzioni, integrazioni, guasti meccanici, deviazioni dalla regolarità della mise en page, relative, naturalmente, alla situazione offerta dal ms. B. Si registrano, inoltre, nel medesimo punto, le lezioni significative trasmesse in altri codici o stampe attribuibili a Bartolomeo Miniatore che conservino quel medesimo modello, a mo’ di inventario di quelle che si possono definire varianti redazionali[32]. Le abbreviazioni utilizzate in apparato sono le seguenti: dx. = destro; interl. = interlinea; marg. = margine; mod. = modello; om. = omesso; R. = Rubrica; sin. = sinistro.
Il testo dei modelli è stato emendato nei seguenti punti: IV.R: spesso ‹… ›] spesso continuare tal rubrica (svista); IV.5: dilection mia in] dilection mia è in (svista); VII.1: omini del [7v]] omini del [7v] del (svista); XI.R: gratula‹to›ria] gratularia (aplografia); XII.3: humilme‹n›te] humilmete (omissione del titulus); XII.7: extremitate] extermitate (metatesi); XIV.3: qua‹n›to] quato (omissione del titulus); XVI.6: se‹n›tentia] setentia (omissione del titulus); XIX.1: tra voi questo] tra voi e questo (svista); XXVIII.1: summamente] summamamente (diplografia); inna‹n›ti] innati (omissione del titulus); XXX.1: dove] e dove (svista); XXXII.5: appres‹so›] appres (svista); XXXVI.8: po‹n›go] pogo (omissione del titulus); XXXVIII.2: solo ‹da› amore] solo amore (svista); XLI.6: richesta] richesto (svista); XLIV.1: che sempre] che sempre che sempre (diplografia); XLVIII.2: be‹ni›gna] begna (aplografia); L.R: doman‹da›to] domanto (aplografia); L.2: intende] intendo (svista)[33]; LI.R: libe‹r›tà] libetà (omissione del segno abbreviativo); LXIV.2: co‹n›vinto] convito (omissione del titulus); LXX.4: separa] sepera (svista); LXII.2: ‹dela morte›] omesso (parablepsi)[34]; LXXIII.R: ‹dono›] omesso (svista)[35]; LXXXIV.2: ‹vi›vere] vere (aplografia).
Note
[1] Sull'argomento si rinvia al paragrafo: Selectio, dispositio e struttura materiale nella costruzione della raccolta.
[2] In verità, un modello trasmesso dalla raccolta R, il n. 149 (cc. 87r-88r), corrispondente al modello LXII del FM, risulta datato Ex Bononia, die XXVIIII Novembris 1464. È probabile, però, che tale datazione, quando non del tutto inventata, derivi dal riuso di un testo già redatto in precedenza. Questo è quanto si verifica, ad esempio, in relazione a un testo trasmesso nella silloge cinquecentesca menzionata alla n. 39, dell'Introduzione, sottoscritto Ex Ferraria, die XXIX Augusti 1464 (n. 63, cc. h4v-i1r, corrispondente al mod. LXVII della nostra raccolta, qui privo di datazione). Tale modello è infatti trasmesso, datato Ex Bononia, anche dal formulario per Giacomo Bolognini (n. XXIV), la cui composizione avvenne intorno al 1450.
[3] Scheda in Manus e in L. Quaquarelli, Il Quattrocento dei copisti cit., pp. 50-51. Si vedano inoltre: T. Matarrese, L’”Officina” del volgare tra corte e cancelleria, in Storia di Ferrara, VII, Il Rinascimento: la letteratura, cur. W. Moretti, Ferrara 1994, pp. 76-96: 92; M. Medica, Un problema di pittura bolognese della metà del Quattrocento, «Arte a Bologna. Bollettino dei musei civici d’arte antica», 4 (1997), pp. 64-73: 73 n. 26; M. Medica, Da Lionello a Borso: il protorinascimento a Ferrara e i suoi esiti, in La miniatura a Ferrara dal tempo di Cosmè Tura all’eredità di Ercole de’ Roberti, cur. A. M. Visser, Travagli, G. Mariani Canova, F. Toniolo (catalogo della mostra, Ferrara, Palazzo Schifanoia, 1998), Modena 1998, pp. 75-101: 77; D. Guernelli, Qualche nota sulla miniatura bolognese cit., pp. 65-66; M. C. Acocella, Il “Formulario di epistole missive e responsive” cit., p. 268 n. 21. Per una descrizione particolareggiata di questo come dei codici e delle stampe di cui si discuterà qui di seguito si rinvia alla Nota al testo fornita in C. Amendola, Le “artes dictandi” di Bartolomeo Miniatore da Ferrara cit., pp. LIX-LXXIII.
[4] Si tratta, forse, della data di un restauro.
[5] Sull’entrata del codice nella collezione dei conti Harley si veda H. Wanley, The Diary of Humfrey Wanley 1715-1726, ed. by C. E. Wright and R. C. Wright, 2 voll., II, London 1966, p. 244 n. 4.
[6] Sull’attività di Gentile Valeri de Poetis copista (Fl. 1449-1451) si rinvia a A. G. Watson, Catalogue of dated and datable manuscripts, c. 435-1600, in Oxford libraries, 2 voll., Oxford 1984, I, p. 66 n. 414, e II, n. 465; e a L. Quaquarelli, Il Quattrocento dei copisti cit., pp. 86-87.
[7] Scheda in: A catalogue of the Harleian manuscripts in the British Museum, 4 voll. (1807-1812), III, London 1809, 4168; P. O. Kristeller, Iter Italicum. A Finding List of Uncatalogued or Incompletely Catalogued Humanistic Manuscripts of the Renaissance in Italian and other Libraries, 7 voll. (1963-1992), London - Leiden, IV, 1989, pp. 179-180. Con descrizione anche in British Library Digital Catalogue of Illuminated Manuscripts, disponibile online al sito https://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=4536&CollID=8&NStart=4168. Si vedano inoltre: H. Wanley, The Diary of Humfrey Wanley 1715-1726, ed. by Cyril Ernest Wright and Ruth C. Wright, 2 voll., II, London 1966, p. 244 n. 4; C. E. Wright, Fontes Harleiani. A Study of the Sources of the Harleian Collection of Manuscripts in the British Museum, London 1972, pp. 49 e 254; D. Fattori, Felice Feliciano, Epistole e rime cit., p 38; X. Espluga, Per gli anni bolognesi di Felice Feliciano cit., pp. 208-209.
[8] Nel catalogo della casa d’aste parigina Silvestre, consultabile in rete all’indirizzo https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/ bpt6k73203q/f9.item.r=maffei%20saibanti, il codice risulta registrato a p. 93 col n. 132.
[9] Descrizione e tavola in R. Pintaudi, Note codicologiche, «Rinascimento», 19 (1979), pp. 291-310: 308-310; I codici ashburnhamiani della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, 2 voll. (1887-1983), I.7, cur. T. Lodi, R. Pintaudi, Roma 1983, pp. 542-544.
[10] Scheda in: A catalogue of the Harleian manuscripts cit., 5271; P. O. Kristeller, Iter Italicum cit., IV (1989), p. 185; con descrizione in British Library Digital Catalogue cit., disponibile online al sito https://www.bl.uk/catalogues/illuminatedmanuscripts/record.asp?MSID=4817&CollID=8&NStart=5271. Descrizione accurata in C. Azzolini, Per un’edizione critica commentata degli epistolari di Felice Feliciano, Tesi di dottorato in Studi umanistici. Tradizione e contemporaneità, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, XXXIII ciclo, 2021, pp. 18-21, dal quale si traggono molte delle notizie qui riportate. Si vedano inoltre L. Pratilli, Felice Feliciano alla luce dei suoi codici, «Atti del Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti», a. acc. 1939-40, 99/2 (1940), pp. 33-105: 72 C. Mitchell, Felice Feliciano Antiquarius, «Proceedings of the British Academy», 47 (1961), pp. 197-221: 200-204; C. E. Wright, Fontes Harleiani cit., p. 150; L. Quaquarelli, Il Quattrocento dei copisti cit., pp. 149 e 152; X. Espluga, Per gli anni bolognesi di Felice Feliciano cit., pp. 200-201; C. Amendola, Felice Feliciano epistolografo cit., pp. 32-34.
[11] Schede sintetiche in B. D. Montfaucon, Bibliotheca bibliothecarum manuscriptorum nova: ubi, quae innumeris pene manuscriptorum bibliothecis continentur, ad quodvis literaturæ genus spectantia et notatu digna, describuntur et indicantur, Parisiis 1739, p. 56 (n. 1889); e in P. O. Kristeller, Iter Italicum cit., II, 1967, p. 408.
[12] Descrizione con tavola e edizione di alcuni testi in G. Contini, Un manoscritto ferrarese di scritture popolareggianti, «Archivum romanicum», 22 (1938), pp. 281-319; P. O. Kristeller, Iter Italicum cit., II, 1967, p. 171; V. Monachi, Sonetti, ed. S. M. Vatteroni, Pisa 2017, pp. 59-60. Si vedano inoltre: G. Soranzo, Preziosi codici già nel convento di Santa Giustina di Padova nella Rosminiana di Stresa, «Atti e memorie della Accademia Patavina di Scienze, Lettere e Arti, classe di Scienze Morali, lettere ed Arti», 73 (1960), pp. 43-54; G. Cantoni-Alzati, La Biblioteca di S. Giustina di Padova: libri e cultura presso i benedettini padovani in età umanistica, Padova 1982, p. 51; D. Guernelli, Qualche nota sulla miniatura bolognese cit., p. 84 nn. 51 e 54; M. C. Acocella, Il “Formulario di epistole missive e responsive” cit., p. 260.
[13] Più precisamente, il modello rinvia alla nomina a legato papale per la città di Bologna del cardinale Angelo Capranica, avvenuta il 23 ottobre 1458.
[14] Sull’incunabolo si vedano: GW M16847; M. Sander, Le livre a figures italien depuis 1467 jusqu’à 1530: essai de sa bibliographie et de son histoire, New York 1941, 3860; IGI 6435; ISTC im00580300. Descrizione e studio in M. C. Acocella, Il “Formulario di epistole missive e responsive” cit., passim. Si vedano inoltre M. Santoro, Cristoforo Landino e il volgare cit., passim; A. Quondam, Dal “formulario” al “formulario” cit., pp. 75-79; T. Matarrese, Il volgare a Ferrara tra corte e cancelleria cit., pp. 550-552; D. Guernelli, Qualche nota sulla miniatura bolognese cit., pp. 65-66; C. Amendola, Note sui formulari manoscritti e a stampa cit., pp. 2-4.
[15] Cfr. Dizionario dei tipografi e degli editori italiani, dir. M. Menato, E. Sandal, G. Zappella, 2 voll., I, A-F, Milano 1997, p. 146.
[16] Nella raccolta compaiono ancora una lettera datata da Vicenza e una da Chioggia.
[17] Una, in realtà, la n. 129, indirizzata nientedimeno che a Bernardo Bembo, risulta datata 1486. in Travi. dì. XXVI. Aprile. Tuttavia, è probabile che la lettera sia stata aggiunta dallo stampatore al fine di completare il fascicolo conclusivo.
[18] Scheda in Edit16 (CNCE 6128).
[19] In occasione dell’edizione di materiali per più rispetti omogenei a quelli qui offerti – parzialmente per genere testuale, cioè, cronologia e area geolinguistica –, vale a dire le lettere del Boiardo, Pier Vincenzo Mengaldo ha osservato come la pubblicazione di documenti e testi di carattere epistolare di area emiliano-romagnola del secondo Quattrocento interessi anche nell’ottica della documentazione di una koinè poco nota – ma, certo, dagli anni in cui scriveva lo studioso molti passi in avanti sono stati fatti –: è bene, dunque, che i criteri da adottare per la loro trascrizione siano ispirati a un atteggiamento di conservatività. La riflessione si trae da P. V. Mengaldo, Nota sul testo e Nota sulla grafia, in M. M. Boiardo, Opere volgari. Amorum libri - Pastorale - Lettere, cur. P. V. Mengaldo, Bari 1962, pp. 444-455 e 456-477.
[20] Tenuto anche conto, come si osserva in A. Aresti, Andrea Mantegna allo scrittoio. Un profilo linguistico, Roma 2018, p. 23, che «nelle forme scempie del tipo ala, dela, la l scempia può essere puramente grafica».
[21] Sull’univerbazione delle locuzioni congiuntive restano talvolta dubbi anche nell’italiano contemporaneo. Si è pertanto deciso di uniformare sulla base delle forme registrate nel GDLI.
[22] Si segue A. Stella, Testi volgari ferraresi del secondo Trecento, «Studi di filologia italiana», 26 (1968), pp. 201-310: 275.
[23] È parso ad esempio superfluo intervenire su forme del tipo sete «siete» etc., risultando in casi come questo esclusa ogni possibilità di confusione.
[24] Anche in considerazione del fatto che «la distinzione tra le due lettere è solo frutto di una consuetudine grafica, che serviva a evitare confusione di lettura con u, quando la i era raddoppiata», come osservato in F. Delle Donne, Nota al testo, a P. Bracciolini, Historia disceptativa tripartita convivalis, ed. F. Delle Donne, T. Armignacco, G. G. Visconti, Firenze 2019, pp. 25-57: 56.
[25] L’elenco che si propone qui di seguito non intende essere esaustivo dei possibili casi di allografia presenti nel testo per i quali qui si è deciso qui per una loro conservazione, tanto più che in molte occasioni il valore fonetico dei grafemi non è circoscrivibile con certezza. Si segue non, però, sempre alla lettera, l’inventario riportato in B. Migliorini, Note sulla grafia italiana nel Rinascimento, in Id., Saggi linguistici, Firenze 1957, pp. 197-225 (1a ed. «Studi di filologia italiana», 13, 1955, pp. 259-296).
[26] Coincidente con la situazione offerta dall’italiano attuale, invece, è la distribuzione della m, che mai precede la q nel FM.
[27] Sull’uso di questo grafema in testi ferraresi anteriori e coevi cfr. A. Stella, Testi volgari ferraresi cit., p. 261; e Spagna ferrarese, cur. V. Gritti, C. Montagnani, Novara 2009, pp. 131-132. Una più ampia valutazione è in N. Maraschio, Grafia e ortografia: evoluzione e codificazione, in Storia della lingua italiana, cur. L. Serianni, P. Trifone, 3 voll. (1993-1994), I, I luoghi della codificazione, Torino 1993, pp. 139-227.
[28] Per un inquadramento si rinvia a N. Maraschio, Grafia e ortografia cit., p. 153. A dispetto del carattere “arcaico” e della provenienza toscana della resa, non è raro trovarlo in testi emiliani coevi. Esso figura, ad es., oltre che negli altri codici di probabile fattura di Miniatore (H, V, R, S, in quest’ultimo caso rilevato anche in G. Contini, Un manoscritto ferrarese cit., p. 311), anche nella Spagna Ferrarese, e in numerosi componimenti trasmessi dal cosiddetto “codice isoldiano” (Bologna, Biblioteca Universitaria, 1739).
[29] Alla base dell’allografia vi è «la tendenza del latino medioevale a confondere le due grafie -ti- e -ci-», si osserva in D. Trolli, La lingua delle lettere di Niccolò da Correggio, Napoli 1997, p. 35. Su questi diagrammi si veda anche B. Migliorini, Note sulla grafia italiana cit., pp. 212-214.
[30] Non genera dubbi la resa delle nasali davanti a labiali e dentali, essendo la loro distribuzione, a eccezione del caso gram peccati (XXXV.2), e delle forme già segnalate inpallidito (II.2), inposto (VI.3), conspetto (XIV.3) e inperoché (XLIX.3), conforme all’uso dell’italiano attuale.
[31] Nei seguenti quattro casi, tuttavia, sembra valere i: ragioni (XIV.R), inventioni (XIV.6), testificationi (XVI.1), occupationi (LXX.4). A eccezione di quest’ultimo caso, dove la forma priva di abbreviazione attestata è proprio occupationi (LIV.3), non si riscontrano tali parole in scrizione estesa nel testo, per cui è precluso il ricorso al principio statistico nella scelta della resa.
[32] In merito al testo LXVII, unico a essere trasmesso anche dal FB, le varianti sono raccolte a partire dal testo stabilito in C Amendola, Le “artes dictandi” di Bartolomeo Miniatore da Ferrara cit., p. 27.
[33] Corretto sulla base della lezione trasmessa da FM XLII.
[34] Corretto sulla base della lezione trasmessa da R 149.
[35] Corretto sulla base della lezione trasmessa da R 23.